Risale al gennaio 2017 il sondaggio condotto dal sociologo Renato Mannheimer il quale mostra come, tra gli italiani intervistati:
Nata alla fine dell’800 dal medico americano Andrey Taylor Still, la medicina osteopatica si basa su un approccio integrato e complementare alla medicina tradizionale e utilizza esclusivamente un approccio manuale sia per la valutazione che per il trattamento.
Attraverso una valutazione osteopatica, individua la “disfunzione somatica”, espressione dell’alterazione dello stato di salute causato da eventi stressanti esterni o interni all’organismo, come traumi e/o patologie, che si manifestano principalmente sul sistema muscolo scheletrico con dolore o riduzione di mobilità. L’osteopata, attraverso tecniche specifiche, stimola il ripristino della mobilità fisiologica a livello dei diversi sistemi (circolatorio, respiratorio, fasciale, nervoso, muscolo-scheletrico) che attraverso un’attività sinergica e coordinata, regolano il normale funzionamento dell’organismo.
La “disfunzione somatica”, di competenza esclusivamente osteopatica, è stata codificata nella decima edizione (ICD 10) dell’International Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS – WHO), al Settore XIII (Malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo) Codice M99 (Lesioni biomeccaniche non classificate altrove). Ciò rappresenta un chiaro passo avanti verso l’integrazione dell’osteopatia all’interno del sistema sanitario globale.
In letteratura sono presenti molti lavori scientifici che attestano l’efficacia dell’osteopatia come disciplina autonoma, in quanto caratterizzata da un proprio ragionamento clinico, di comprovata efficacia, che permette di identificare la diagnosi osteopatica e la pianificazione del miglior piano terapeutico in funzione di cinque modelli di riferimento per il trattamento osteopatico. Dopo avere definito la diagnosi, il piano terapeutico e il modello di riferimento per il trattamento, l’osteopata considera anche i fattori interni (sociali e affettivi) ed esterni (lavoro, stress, etc.) del paziente, in linea con le ICF, International Classification of Functioning, Disability and Health.
Nel 1987 l’osteopatia viene riconosciuta negli Stati Uniti come medicina osteopatica (DO, doctor of Osteopathic Medicine), il cui percorso è oggi parallelo a quello della medicina allopatica (MD, doctor of Medicine). Negli anni successivi arriva in Europa, dove è già riconosciuta in molti paesi (Regno Unito, Germania, Francia, Svizzera, Belgio, Islanda, Malta, Portogallo, e altri ancora), regolamentata tra le professioni sanitarie o tra le medicine complementari e alternative (CAM), come nel caso della Francia. Lo stesso discorso vale anche per altre grandi nazioni al di fuori dell’Europa, come Russia, Canada, Australia, Nuova Zelanda, India, Egitto e Turchia.
Al momento in Italia l’osteopatia è una professione sanitaria (individuata ufficialmente nella legge 3/2018) ed è stato attivato il percorso di riconoscimento che per concludersi prevede la pubblicazione dei decreti attuativi. Dopo tale pubblicazione, l’osteopatia sarà ufficialmente una professione sanitaria riconosciuta dallo Stato Italiano.
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